concordato preventivo

Il concordato preventivo riveste un ruolo importante nel diritto d’impresa. È uno strumento previsto dalla Legge Fallimentare cui può ricorrere l’imprenditore per evitare la dichiarazione di fallimento, quando versa in stato di crisi o in stato di insolvenza. La sua funzione è, dunque, quella di prevenire la più grave procedura fallimentare.

Negli anni, diversi interventi legislativi hanno rimodulato l’istituto con il primario obiettivo di favorire il risanamento dell’azienda e, soprattutto, la prosecuzione della sua attività. Oltre ad essere uno strumento prezioso per l’imprenditore in difficoltà, il concordato preventivo tutela anche il ceto creditizio: da un lato, infatti, con l’accesso alla procedura l’imprenditore può paralizzare ogni possibile azione esecutiva nei suoi confronti, mantenendo l’amministrazione dell’impresa (nei limiti consentiti); dall’altro lato, i creditori possono evitate i lunghi tempi della più complessa procedura fallimentare e conseguire, in tempi più rapidi, il soddisfacimento – quantomeno parziale – del loro credito.

Il piano concordatario che l’imprenditore può proporre ai creditori può avere diversi contenuti. Può prevedere in particolare:

  • la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
  • l’attribuzione delle attività ad un assuntore;
  • la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi omogenei, con trattamenti differenziati tra le diverse classi, ma senza alterare l’ordine delle cause di prelazione.

Più di recente è stata introdotta la possibilità di prevedere che anche i creditori privilegiati, o muniti di pegno o ipoteca, non siano soddisfatti per intero, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione (considerando il valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti come indicato nella relazione giurata del professionista incaricato).

La proposta di concordato deve indicare i tempi e le modalità di realizzazione del piano e deve assicurare il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari, salvo il caso di concordato con continuità aziendale.

Tipologie di concordato preventivo

Vi sono diverse forme di concordato preventivo, eccole nello specifico.

Concordato con cessione di beni

Tipo di concordato che si pone in ottica liquidatoria, permettendo la cessione di beni facenti parte del compendio mobiliare e immobiliare dell’azienda e il soddisfacimento dei creditori sulla base del ricavato. Nel caso di ditta individuale o di società di persone potrebbe ricomprendere anche beni futuri o rientranti nel patrimonio personale dell’imprenditore.

Concordato con assunzione in garanzia

In questo caso, a differenza del precedente, la finalità è preservare le attività aziendali. In tale caso, chi si assume l’onere del concordato (c.d. “assuntore”) si impegna ad adempiere il piano di rientro garantendo la soddisfazione del ceto creditorio. Un esempio di concordato con assunzione in garanzia è rappresentato dal contratto di affitto di azienda;

Concordato con continuità aziendale

Mira a favorire la continuità aziendale, mantenendo i livelli di occupazione ed evitando la chiusura dell’azienda in crisi e può essere portato avanti dallo stesso imprenditore che ha fatto ricorso alla procedura, oppure da un soggetto terzo. I creditori in questo caso sono soddisfatti non dalla liquidazione dei beni aziendali, ma dai proventi derivanti dall’attività aziendale. Il piano concordatario in continuità può prevedere la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio o il suo conferimento in una o più società anche di nuova costituzione, nonché la liquidazione di beni non funzionali allo svolgimento dell’attività.

Requisiti e procedura

I requisiti e la procedura del concordato preventivo sono definiti dagli artt. 160 e 161 della Legge Fallimentare.

1.     I requisiti: presupposti soggettivi e oggettivi

Presupposti soggettivi

Possono accedere alla procedura concordataria gli imprenditori commerciali, collettivi o individuali, che superino i limiti dimensionali di cui all’art. 1 della Legge Fallimentare (aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia).

Sono dunque esclusi gli imprenditori che:

  • hanno avuto un attivo patrimoniale annuo non superiore a 300.000 euro nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza o dall’inizio dell’attività;
  • hanno realizzato, nello stesso periodo, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 euro;
  • hanno un ammontare di debiti non superiore a 500.000 euro.

Non sono più richiesti i c.d. “requisiti di meritevolezza soggettiva” dell’imprenditore ricorrente, ovvero: l’iscrizione nel registro delle imprese del ricorrente; la regolare tenuta della contabilità nel biennio precedente; l’assenza di procedure concorsuali a proprio carico nei cinque anni precedenti; il non essere stato condannato per bancarotta o per delitto contro il patrimonio o la fede pubblica.

La Legge Fallimentare stabilisce però che il compimento di attività dirette ad alterare il corretto soddisfacimento dei creditori (es. atti in frode ai creditori) possano comportare l’apertura d’ufficio del procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, cui potrebbe conseguire la declaratoria di fallimento.

Presupposti oggettivi

L’imprenditore che chiede di essere ammesso alla procedura concordataria deve versare in stato di crisi o in stato di insolvenza, condizione dovuta alla mancanza dei mezzi necessari per effettuare i pagamenti dovuti e alla impossibilità di procurarsi altri mezzi.

2.     La procedura di concordato preventivo

La domanda di concordato

La domanda di concordato si propone con ricorso avanti il Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale, generalmente la sede legale. Come per il fallimento, il trasferimento della sede principale intervenuto nell’anno precedente alla domanda di ammissione non rileva ai fini della competenza.

Il ricorso deve essere sottoscritto dal debitore stesso ancorché assistito da un legale munito di apposita procura.

Nelle società di persone, la proposta deve essere approvata da tanti soci rappresentanti la maggioranza del capitale (salve diverse disposizioni contenute nel contratto sociale). Nelle società di capitale, la competenza è rimessa all’organo amministrativo (salva diversa disposizione statutaria).

In ogni caso, la delibera con cui viene approvata la presentazione della domanda di concordato deve riportare i principali profili della proposta e del piano e deve risultare da verbale redatto da notaio e, successivamente, deve essere depositata e iscritta presso il registro delle imprese.

Documentazione da allegare alla domanda di concordato

Unitamente al ricorso e al piano di concordato, attestato da professionista, dovranno essere depositati:

  1. una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della impresa;
  2. lo stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
  3. l’elenco dei titolari di diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore;
  4. il valore dei beni, i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
  5. un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.

Devono essere depositate anche le scritture contabili della società, ancorché l’omesso deposito non comporta declaratoria di inammissibilità.

Il c.d. concordato in bianco

L’art. 161 Legge Fallimentare prevede la possibilità di depositare il ricorso per l’ammissione al concordato preventivo corredato unicamente dei bilanci degli ultimi tre esercizi e dell’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti, con riserva di presentare in un secondo momento la proposta ai creditori, il piano concordatario, l’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano nonché tutta la ulteriore documentazione prescritta dalla legge.

In tal caso si parla di “concordato in bianco”.

Tale procedura consente al debitore di beneficiare da subito della protezione che consegue alla procedura concorsuale, evitando che il proprio patrimonio venga aggredito dai creditori nel periodo necessario per redigere l’ulteriore documentazione.

Dal punto di vista pratico, si è ritenuto che alla domanda debbano comunque essere allegati: 1) i bilanci degli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti; 2) una situazione patrimoniale aggiornata e 3) una visura del registro delle imprese, in modo da consentire al Tribunale di verificare i presupposti della domanda (stato di crisi e competenza) e di fissare il termine entro il quale presentare la proposta, il piano e la restante documentazione prescritta dalla Legge. Tale Quest termine è compreso fra 60 e 120 giorni ed è prorogabile per ulteriori sessanta giorni in presenza di giustificati motivi.

Qualora risultasse che l’attività compiuta dal debitore sia manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il Tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale, ed eventualmente i creditori, abbrevia il termine fissato con decreto.

Allo scadere del termine fissato, in difetto del deposito del piano, o se ritenga che non vi siano le necessarie condizioni, il Tribunale dichiara inammissibile il ricorso e gli effetti protettivi vengono meno.

Gli effetti della domanda di concordato

Dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, i creditori per titolo o causa anteriore alla pubblicazione stessa non possono iniziare o proseguire azione esecutive o cautelari sul patrimonio della società debitrice.

Il beneficio è escluso in due sole ipotesi: 1) nel caso in cui l’imprenditore abbia già presentato nei due anni precedenti una domanda cui non abbia fatto seguito l’ammissione al concordato ovvero l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito; 2) nel caso in cui la domanda non sia corredata dai bilanci degli ultimi tre esercizi o dall’elenco dei creditori.

La Legge Fallimentare dispone inoltre l’inefficacia nei confronti dei creditori concorsuali delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso. L’inefficacia è però destinata a venir meno, con effetto retroattivo, qualora la tutela concordataria cessi prima dell’omologazione. L’ipoteca iscritta riprenderà così la sua efficacia, salva l’eventuale revocatoria fallimentare esperita dal curatore.

Tali favorevoli effetti si producono anche nel caso di presentazione di domanda di concordato in bianco.

A partire da tale momento, pertanto, il debitore può contare sulla protezione della procedura per il tempo necessario per predisporre il proprio piano.

Visto il vantaggio per la società debitrice, per evitare ricorsi strumentali alla procedura sono stati introdotti precisi obblighi informativi con cadenza almeno mensile, al fine di tenere informato il Tribunale in ordine alla gestione finanziaria dell’impresa in crisi.

Istruttoria e conclusione della procedura

Esaminata la domanda di concordato, allorquando occorrano delucidazioni o modifiche, il Tribunale può richiedere al debitore di apportare, entro quindici giorni, integrazioni al piano e/o produrre nuovi documenti e può, inoltre, disporre una consulenza d’ufficio al fine di valutare la relazione sulla fattibilità del piano.

Se all’esito del procedimento il Tribunale verifica che non ricorrano i presupposti per l’ammissione, dopo aver sentito il debitore in camera di consiglio, dichiara inammissibile la proposta di concordato con decreto non soggetto a reclamo e, su istanza del creditore o del pubblico ministero, dichiara il fallimento del debitore qualora ne ricorrano i presupposti.

Nel caso in cui la proposta di concordato venga invece ritenuta idonea e completa, il Tribunale procede a:

  • nominare il giudice delegato;
  • nominare il commissario giudiziale;
  • fissare le date per il voto dei creditori;
  • ordinare l’iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese;
  • ordinare al debitore il versamento di una somma a copertura della procedura (la somma deve essere versata entro 10 giorni).

Il commissario giudiziale procede alla convocazione di tutti i creditori e redige una relazione illustrativa sulla situazione patrimoniale dell’azienda e sul piano concordatario. All’adunanza appositamente fissata, i creditori sono chiamati ad esprimere il proprio voto sulla proposta di concordato (il voto può essere espresso per iscritto anche prima dell’udienza, senza necessità di parteciparvi).

In udienza, il commissario giudiziale illustra la propria relazione e le eventuali nuove proposte dell’imprenditore (che possono essere modificate sino all’apertura delle operazioni di voto).

Il concordato preventivo è approvato solo ed esclusivamente quando ottiene il voto favorevole di tutti i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Qualora invece la proposta preveda diverse classi di creditori, il concordato supera la fase dell’approvazione se in tutte le classi si riscontra il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto.

In difetto, il Tribunale rigetta la proposta di concordato preventivo, per poi dichiarare, su istanza del pubblico ministero o dei creditori, il fallimento del debitore (sussistendone i presupposti)

Omologazione

Se il concordato viene approvato, si apre la fase di omologazione, che deve concludersi entro sei mesi dalla presentazione della domanda di concordato.

Il decreto di omologazione comporta la chiusura della procedura (art. 181 Legge Fallimentare) e apre la fase di esecuzione del concordato.

Per effetto dell’omologazione, la società torna in bonis e riacquista la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di compiere gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione previsti dal piano concordatario, senza necessità di autorizzazione. Resta ferma la vigilanza degli organi della procedura.

Esecuzione del concordato

L’art. 118 Legge Fallimentare disciplina la fase di esecuzione del concordato, durante la quale si procede al soddisfacimento dei creditori nella misura prevista dal piano approvato, all’eventuale liquidazione di parte dei beni da parte dei liquidatori nominati dal tribunale (nel caso di concordato con cessione di beni) e all’accertamento di eventuali crediti contestati.

Risoluzione e annullamento del concordato

Nel caso in cui non vengano costituite le garanzie promesse o si verifichino degli inadempimenti, ciascun creditore ha facoltà di chiedere la risoluzione del concordato, sempre che l’inadempimento non abbia scarsa importanza.

Nel caso in cui, invece, gli obblighi concordatari facciano capo ad un assuntore, i creditori possono aggredire solo ed esclusivamente il patrimonio di quest’ultimo.

Il concordato preventivo può essere annullato su istanza di un creditore nel caso in cui risulti che il debitore abbia sottratto dolosamente una parte considerevole dell’attivo, o esposto passività inesistenti. La relativa domanda va proposta con ricorso entro il termine perentorio di sei mesi dalla conoscenza del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.

Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione: analogie e differenze

Gli accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo, in quanto strumenti diretti a salvare l’impresa in crisi favorendone la prosecuzione dell’attività, presentano degli elementi di sicura vicinanza, accompagnati da significative differenze che, limitando l’analisi agli aspetti fondamentali, si possono sintetizzare come segue.

Anzitutto, entrambi gli istituti offrono all’imprenditore una protezione contro le azioni cautelari ed esecutive.

È prevista, inoltre, la prededucibilità della c.d. finanza ponte e del finanziamento effettuato per l’attuazione del concordato o dell’accordo; le operazioni compiute in esecuzione o per la pianificazione del concordato o dell’accordo sono esenti da azione revocatoria nel caso in cui dovesse essere introdotto successivamente il fallimento e gli amministratori non potranno essere sottoposti ad azione di responsabilità da parte dell’organo del commissario giudiziale.

Le principali differenze riguardano anzitutto la procedura: il concordato preventivo consente di gestire la crisi per mezzo di una procedura più complessa, più lunga e più costosa, che per alcuni aspetti si avvicina a quella fallimentare e che prevede un controllo più stringente da parte del Tribunale, chiamato a vigilare, oltre che sull’esistenza delle condizioni per l’ammissione alla procedura, anche sull’esecuzione del piano.

Nell’accordo di ristrutturazione, invece, il controllo del tribunale è limitato alla fattibilità del piano (controllo di omologazione), ma non c’è alcun controllo giudiziale sull’esecuzione dello stesso (aspetto che potrebbe essere visto con sfavore dai creditori per le minori garanzie che offre rispetto al concordato).

Il procedimento in questione, inoltre, è molto più celere ed economico rispetto a quello del concordato preventivo e il contenuto del piano non è tipizzato da norme di legge, per cui può essere concordato con maggiore elasticità.

Altra significativa differenza tra i due istituti riguarda il trattamento dei creditori: nell’accordo di ristrutturazione del debito, essendo una composizione stragiudiziale, non è applicato il principio della par condicio creditorum, che invece deve essere rispettata nel concordato preventivo, nel cui ambito l’unica deroga ammessa è la possibilità di suddividere i creditori in classi, fermo restando il trattamento paritario nell’ambito di ciascuna classe. Trattandosi di una composizione stragiudiziale e, quindi, concordata con le controparti, tendenzialmente l’accordo finirà col prevedere un trattamento paritario dei creditori riconducibili a diverse classi, anche se non formalmente suddivisi: basti pensare alle banche, i cui crediti potrebbero essere assistiti, o meno, da garanzie reali, ai fornitori commerciali, ai piccoli creditori, e così via.

Trattandosi però di un accordo che non richiede l’approvazione di tutto il ceto creditorio, ma solo il consenso di almeno il 60% dei crediti, i creditori che non aderiscono all’accordo devono essere soddisfatti integralmente.

Invece, il concordato preventivo approvato dalla maggioranza creditoria, una volta omologato, è vincolante anche per i creditori dissenzienti ed estranei, compresa l’amministrazione fiscale (nel caso in cui si usufruisca della transazione fiscale).

Altra importante differenza è quella relativa alle spese della procedura: nel concordato, entro 15 giorni dal decreto di ammissione, infatti, il debitore deve depositare tra il 20% e il 50% delle spese stimate.

Carattere degno di nota dell’accordo di ristrutturazione, conveniente anche rispetto al concordato preventivo, è che esso non prevede alcuno spossessamento e la gestione dell’impresa rimane al debitore senza alcuna interferenza di organi giudiziali.

Il concordato preventivo, infine, è l’unico strumento di risanamento della crisi percorribile quando le risorse finanziarie a disposizione sono inferiori al 40% dei debiti aziendali o quando l’accordo di ristrutturazione dei debiti non sia approvato dal 60% dei creditori.