false recensioni online

Negli anni, Internet ha assunto un ruolo fondamentale nella vita di tutti, condizionando il nostro modo di vivere e di lavorare. Quando dobbiamo scegliere un ristorante o acquistare un prodotto possiamo contare su un vasto catalogo di offerte. Prima di decidere, abbiamo a disposizione anche il parere di chi ha già avuto un’esperienza con quel prodotto o servizio prima di noi. Oggigiorno, le recensioni online forniscono un supporto eccezionale ai consumatori, grazie anche alle domande, alle risposte e alle spiegazioni fornite dagli utenti, talvolta in modo minuzioso.

Le nuove tecnologie dell’informazione hanno migliorato la nostra vita, tuttavia non è raro trovare chi sfrutta Internet per condizionare le persone e alterare la loro opinione in modo indebito.

È il caso delle false recensioni online, che confluiscono nel più ampio astroturfing, una tecnica attraverso la quale si cerca di costruire “a tavolino” un parere artificioso (positivo o negativo) verso un’azienda, un prodotto o un servizio. Utilizza queste pratiche chi solitamente ha necessità di “spingere” il proprio prodotto o servizio in tempi relativamente brevi, oppure soggetti senza scrupoli che cerca di screditare la concorrenza affidandosi ad agenzie che retribuiscono gli utenti per scrivere recensioni create ad hoc.

L’Harvard Business School ha evidenziato come queste recensioni possano influenzare il mercato (negativamente o positivamente) con un impatto sul fatturato di una piccola o media azienda stimato tra il 5 e il 9%.

Diffamazione online, tra responsabilità penali e risarcimento danni

Le false recensioni, quando negative, possono anzitutto configurare l’illecito della diffamazione aggravata, civile e penale.

Tuttavia, non è sempre facile identificare i delatori del web, poiché sovente le (false) recensioni vengono realizzate da account pseudonimi e che non corrispondono a utenti “reali”. Le varie piattaforme social non forniscono i dati associati a questi utenti, se non alle forze dell’ordine in relazione a procedimenti penali in corso.

Molto più semplice, invece, è quando si conosce il nominativo di chi ha lasciato la recensione incriminata.

L’autore dei messaggi diffamatori, oltre alle responsabilità penali (art. 595 commi 2 e 3 Cod. Pen.), potrà essere ritenuto responsabile dei danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati. Il danno potrà essere liquidato anche in via equitativa, tenendo conto, tra l’altro, della gravità e del numero delle frasi offensive, della particolare e peculiare natura del settore in cui opera il diffamato, del suo ruolo e della sua notorietà, delle modalità di pubblicazione e della diffusione delle denunciate frasi su Internet. L’esistenza del danno, anche morale e non patrimoniale, è innegabile qualora vi sia stata una grave lesione di interessi e diritti costituzionalmente garantiti (onore, decoro, reputazione, immagine). Non ultimo, in casi di condanna per diffamazione esiste la possibilità di chiedere la pubblicazione per estratto della sentenza, con la finalità di ristorare il danneggiato e ristabilire la “verità” rispetto ai fatti falsamente attribuiti.

False recensioni e concorrenza sleale

Oltre alle false recensioni negative, che creano un danno all’azienda, esistono anche le false recensioni positive create “a tavolino” con l’intento di mettere in luce l’azienda millantando qualità e successi inesistenti, e creando di fatto un indebito squilibrio del mercato e una errata percezione da parte degli utenti.

Tali condotte potrebbero configurare atti di concorrenza sleale.

L’imprenditore deve conoscere i confini entro i quali potersi spingere per pianificare la propria campagna di comunicazione e marketing. Pubblicare o far pubblicare recensioni false è comportamento scorretto (denigratorio e/o menzognero) che viola il dettato dell’art. 2598 Cod. Civ., in particolare di quanto previsto al comma 1, nn. 1 e 2: nel primo caso, si tratta degli atti “denigratori”, volti a screditare e calunniare un’azienda concorrente gettando discredito sull’impresa concorrente attraverso la diffusione di notizie false o diffamanti; nel secondo caso, si tratta di qualsiasi altro atto, implicito o esplicito, che viola il principio generale della “correttezza professionale”.

Orientamenti giurisprudenziali

Dal punto di vista giuridico risulta di particolare rilevanza la pronuncia del Tribunale di Venezia che ha deciso il caso portato alla ribalta dal “Ristorante Do Forni” di Venezia. La questione aveva ad oggetto la richiesta del ristorante di rimuovere una recensione negativa e non veritiera, per la quale il giudice ha disposto l’immediata rimozione della stessa, precisando che il ristoratore aveva il diritto a ottenere un congruo risarcimento del danno e, al contempo, che il gestore della piattaforma (Tripadvisor) avrebbe dovuto prevenire situazioni di questo tipo, controllando la correttezza delle recensioni prima della pubblicazione. Quest’ultimo punto, tuttavia, è critico, in relazione alla posizione dei provider per gli illeciti commessi dagli utenti. Occorrerebbe anzitutto verificare l’esistenza di una reale possibilità tecnica per il provider di conoscere i contenuti pubblicati; andrebbe poi affrontato il tema della valutazione circa l’illiceità del contenuto, che nel nostro ordinamento è demandata all’autorità giudiziaria. Ricordiamo che, ai sensi del D.Lgs. 70/2003, in via generale i provider non sono responsabili delle informazioni pubblicate e delle operazioni compiute dagli utenti, a patto che non intervengano in alcun modo sul contenuto o sullo svolgimento delle operazioni.

Un altro caso di studio ha visto come protagonista un’azienda italiana che vendeva “pacchetti”  di recensioni positive (false) alle aziende e ai negozi presenti su Tripadvisor. Il soggetto che ha commesso l’illecito è stato condannato a nove anni di reclusione per il reato di truffa e al pagamento di un risarcimento danni in favore di Tripadvisor, che si era costituita parte civile nel processo a carico del titolare della società.

Un fenomeno in crescita

Negli ultimi anni è cresciuto anche il fenomeno dei clienti fantasma. I pacchetti che vengono offerti sono spesso alla portata di tutti, come ad esempio 10 recensioni al prezzo di 100 euro o 30 recensioni al prezzo di 250 euro. Di solito sono questi i prezzi a cui è possibile acquistare delle recensioni false che possono migliorare l’immagine della propria attività o anche danneggiare quella di un competitor.

È facile intuire come, a questi prezzi, i guadagni siano molto elevati;per questo, sempre più persone sono invogliate a intraprendere quest’attività illecita. Fortunatamente non è così semplice ricorrere a questi escamotage: le piattaforme online più famose investono importanti capitali in sistemi di sicurezza per contrastare il fenomeno delle false recensioni, poiché questo fenomeno danneggia le piattaforme stesse, che rischiano di perdere credibilità e, di conseguenza, utenti ed entrate pubblicitarie.

Per quanto riguarda l’iter per svelare l’identità degli utenti che lasciano false recensioni, la tipica procedura è la seguente. Generalmente viene confezionata una denuncia-querela circostanziata, da depositare in Procura o direttamente alla Polizia Postale, specialità della Polizia di Stato italiana preposta al contrasto delle frodi postali e dei crimini informatici. Sussistendone i presupposti, l’organo di Polizia Giudiziaria individua l’indirizzo IP dal quale è stata fatta la recensione incrociando anche altri dati, nel tentativo di risalire al provider dell’autore e ad una serie di altri parametri che possano consentire di risalire alla sua identità.

Anche in questo caso il tutto è complicato dal grado di conoscenza del web da parte dell’autore della recensione, poiché tramite un proxy, per esempio, è possibile mascherare il proprio indirizzo IP, risultando  di conseguenza praticamente anonimi.

Si possono scrivere recensioni negative?

Come abbiamo visto, coloro i quali pubblicano false recensioni rischiano condanne per responsabilità penali, anche gravi, e si espongono ad azioni civili per il risarcimento dei danni cagionati con la propria condottai. Le aziende che si avvalgono di tali mezzi, inoltre, possono essere considerate responsabili per atti di concorrenza sleale.

Ciò detto, va precisato che il nostro ordinamento garantisce il diritto di critica. È dunque lecito riferire, anche sul web, di esperienze personali di acquisto o servizio negative, purché il linguaggio utilizzato si mantenga civile (requisito della “continenza”) e i fatti riportati non siano falsi (requisito della “veridicità”).